L’Unione Europea vuole dare un’accelerata alla tutela dei lavoratori digitali e a tutti quelli che lavorano con le piattaforme. Questo mondo infatti, sempre di più non è solo quello dei c.d. rider. Cerchiamo di capire meglio quali sono le prospettive e obiettivi futuri.
La proposta di direttiva della Commissione Europea sulla regolazione dei lavoratori in piattaforma potrebbe essere un tassello determinante un radicale cambio della concezione del lavoro e delle modalità di lavoro. Se andiamo a vedere i numeri dell’anno 2021, i lavoratori delle piattaforme digitali (c.d. platform worker, ossia coloro che offrono la propria prestazione lavorativa tramite piattaforma) sono 570.521 di cui 2/3 lavorano per piattaforme location-based (tramite le quali i compiti assegnati vengono svolti in una località specifica) e 1/3 svolge attività rese solamente sul web. È interessante notare che per l’80% di questi lavoratori, il reddito derivante dall’attività svolta tramite piattaforma è essenziale o quantomeno importante. Già questi dati ci dicono il lavoro della sharing economy stia divenendo sempre di più un vero e proprio strumento di sostentamento del lavoratore e principale fonte di reddito. Conseguentemente appare sempre più importante regolare l’uso delle piattaforme con regole trasparenti e chiare tramite l’adozione della direttiva che potrebbe rappresentare un importante punto di riferimento sovranazionale sugli scenari futuri del lavoro in un’economia sempre più digitalizzata e globalizzata.
Tornando ai numeri. In Italia le persone tra i 18 e i 74 anni che hanno dichiarato di aver ricavato un reddito attraverso le piattaforme digitali tra il 2020 e il 2021 sono complessivamente 2.228.427 (il 5,2% del totale della popolazione). L’ultimo studio di Inapp-Plus ha evidenziato, tra le altre cose, che le attività svolte su piattaforma sono tra loro eterogenee e vanno dalla consegna di pacchi o pasti a domicilio, allo svolgimento di singole prestazioni (traduzioni, programmi informatici, riconoscimento immagini), componendo un quadro del lavoro in piattaforma variegato che va oltre la rappresentazione che vede i lavoratori in piattaforma coincidere con i c.d. rider. Da ultimo è interessante notare che, a fronte della volontà della Commissione Europea, con la proposta di direttiva sul lavoro in piattaforma, di richiedere che il lavoratore della piattaforma sia assunto come dipendente e non come lavoratore autonomo o occasionale, in Italia vi sia un numero sempre più consistente di lavoratori delle piattaforme (11% di quelli menzionati).
Lo scenario desiderato dall’Unione Europea sembra invocare una visione del lavoro su piattaforma controllato e trasparente, in cui la piattaforma, dando gli strumenti adeguati agli utenti, permetta di lavorare al meglio, abbandonando la burocrazia e tutelando al contempo i lavoratori. Anche con Jobobo vogliamo provare a dare questo strumento alle aziende e ai lavoratori!